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La generazione inquieta

di Walter Mariotti

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9 Aprile 2009

«Io sono lo spirito che vuole eternamente il male e opera eternamente il bene». Vent'anni dopo la caduta del Muro di Berlino, tornano alla mente i versi di Mefistofele nel Faust di Goethe. Se nel 1989 il crollo (simbolico) del comunismo prometteva un mondo globalizzato, che Francis Fukuyama vedeva ricco e libero grazie alla tecnologia, il 2009 offre uno scenario opposto. Il G-20 di Londra ha messo una pietra tombale sull'economia intesa come pura astrazione, deregulation del principio di realtà. Abiurando la religione del leverage e il feticcio del risultato trimestrale, le superpotenze hanno sancito la fine di qualunque "dottrina Reagan", "era Clinton" e "protocollo Bush" che hanno dominato la realtà biopolitica di due decenni. Ipotecando il futuro a chi in quelle illusioni è cresciuto, come racconta la storia di copertina di IL, il mensile del Sole 24 ore in edicola domani.
Goethe spiega bene l' inaccettabile violenza di black-block e casseurs. Il Bene e il Male sono legati nel principio di dualità, che con quello di reversibilità domina la nostra vita. Tutto ciò che aspira ad essere unico si distrugge prima di rovesciarsi nel suo opposto. Per questo Slavoj Zvizvek vede il terrorismo come la faccia mostruosa e reciproca del capitale finanziario globalizzato, l'ombra nera che insegue il suo fulgore assoluto. Perché ogni sistema che raggiunge il dominio globale - anche solo sul piano simbolico - è destinato a essere destabilizzato nel suo opposto. Tutto inizia a chiarirsi con la glasnost di Mikhail Gorbaciov, salutata entusiasticamente come l'inizio della fine dell'Impero del Male. Lo era davvero, ma anche del suo antagonista storico e strutturale. Più che "trasparenza", infatti, glasnost significa "pubblicità" nel senso aristocratico di "cosa pubblica". Ma che tutto sia pubblico, che tutto divenga visibile e diafano è l'inizio della fine: la convinzione di realizzare non un modello di vita ma il migliore dei modelli. È "la trasparenza del Male", come l'ha definita Jean Baudrillard.
Più si procede nella liberazione del mondo più il mondo diventa pesante, ambiguo e difficile. Proprio come il sesso. Sempre più liberato, aperto, facilitato, il sesso scivola dietro le quinte delle nostre vite lasciando il posto alla pornografia, ovvero alla realtà virtuale del sesso dove lo sguardo prende l'egemonia su tutti gli altri sensi, compreso il piacere. La sparizione dell'economia e della finanza nella virtualità dei titoli tossici segue lo stesso destino del sesso e del Grande Fratello, ultima tappa popolare di quel "crimine perfetto" che è la sparizione del reale nell'immaginario. Un delitto dove perfino lo statista Gorbaciov non può che divenire un segno, un testimonial, un attore come un altro.
Ogni discorso sulla fine - del Comunismo, della Malattia, della Storia - è un'accelerazione nella virtualità opposta. Ogni ideologia di liberazione crea catene che non si spezzano. Lo comprendono i ventenni che si raccontano a IL: cresciuti nel mito della leggerezza, della flessibilità, dell'abolizione del luogo di lavoro scoprono una vita pesante, rigida e privata del lavoro, che ha cessato di essere una forza di produzione per diventare un segno tra i segni. Ma quando il lavoro non è più un valore ma un segno della posizione sociale e del modo di vivere, o meglio del lifestyle, allora anche gli stipendi non hanno più nessuna relazione con ciò che uno produce ma solo con la posizione che si occupa nel sistema dei segni. Per questo, come ha intuito il presidente Obama, occorre ripensare integralmente il ciclo denaro-prodotto. Per tentare di ricollegare la realtà residua a un concetto ormai dimenticato, il valore.
Per paradosso, ma fino a un certo punto, potremmo sostenere che il Muro di Berlino non è caduto nel 1989 ma nel 2009. Assieme al comunismo, infatti, se n'è andato quel tipo di capitalismo che ne rappresentava l'opposto speculare. Oggi gli anni Ottanta sono davvero finiti e il presente è un luogo dove non solo il Bene appare spesso sotto le effigie del Male, ma in cui ogni categoria d'interpretazione classica della realtà è saltata, proprio come su internet. Oggi i comici fanno i politici, i politici indulgono nel gossip, gli intellettuali animano i talk show, gli studenti editano riviste hard - fra le più accreditate ci sono naturalmente quelle di Harvard - le casalinghe scaricano le loro avventure sui siti erotici gratuiti. Il World Wide Web, che abolisce il passato e il futuro ma anche l'intelligenza e la stupidità in un contemporaneismo amorale è la chiave per capire la nostra vita. Proprio come la tv che sembra fornire esperienze più intense della vita perché ormai la vita è strutturata tra outlet, programmi televisivi e politica spettacolarizzata. «Affermo che viviamo in un mondo meraviglioso. Noialtri occidentali abbiamo l'insigne privilegio di vivere nella migliore società che la storia dell'umanità abbia mai conosciuto. È la società più giusta, più uguale, più umana della storia». Così scriveva sir Karl Popper prima della caduta del Muro di Berlino. Suo malgrado, centrava il punto Popper: responsabile non è il capitalismo, ma la nostra idea di capitalismo. La convinzione, cioè, che senza la nostra passione, la nostra partecipazione e la nostra critica questo ci conduca automaticamente a sorti magnifiche e progressive. Qui sta il vero «vizio oscuro dell'Occidente», come l'ha definito Massimo Fini, pensare di operare il Bene ballando in bilico sull'abisso del Male.

9 Aprile 2009
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